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RIGASSIFICATORE NEL GOLFO DI TRIESTE



ENERGIA,  MARE  E  TERRITORIO

Cosa ne pensano gli italiani?



Presidente Tondo! A quando il Piano Energetico Regionale?



Vogliamo essere  d’esempio in un Paese in cui il Piano Energetico Nazionale è  “di là da venire”.

Oggi le imprese hanno assoluta necessità di poter disporre di fonti di energia a basto costo, sia per poter essere competitive sul mercato globale quanto per poter reinvestire i risparmi in ricerca. Ma anche la popolazione tutta deve poter godere di questi benefici che consentirebbe alle famiglie di affrontare la difficilissima situazione economica con un minimo di speranza nei confronti dell’azione politica.

Energia –  interesse di tutta la Regione!  Ma come produrla?

Una linea sottile unisce il Rigassificatore di Trieste all’Elettrodotto della Carnia: l’arroganza del potere economico che vuol imporre le sue leggi al  territorio in dispregio agli allarmi da esso lanciati.  Anche lo “spacchettamento” rispetto gli altri impianti necessari alla realizzazione del progetto rigassificatore (metanodotto ed elettrodotto), in maniera da considerare i progetti in maniera disgiunta, minimizzandone gli effetti ed i rischi, e rendendo più agevole l’autorizzazione, il tutto in spregio dell’interesse delle popolazioni locali e delle norme europee.
Noi però abbiamo fiducia nella politica regionale e siamo convinti che, responsabilmente, essa assumerà  le decisioni più giuste nell’effettivo interesse della comunità rappresentata!

Trieste ed il  Rigassificatore – Una bomba in Adriatico?

Quanti voltafaccia ci sono stati da parte di molti schieramenti politici (PD compreso visto che il progetto è nato sotto l’era Illy) e quanto volutamente sia indecisa la Giunta regionale. Troppe indecisioni,  troppi tentennamenti. Si sta ancora parlando di quanta approssimazione ci sia stata da parte sia dei progettisti che degli organi ministeriali e regionali che dovevano procedere all’istruttoria. Perché non è stato affidato ad un organo esterno a tutte le parti in causa la valutazione dell’impatto ambientale? Perché non è stato analizzato, sempre da quel  organo esterno, il rischio connesso acquisendo tutta la documentazione necessaria secondo criteri squisitamente tecnici? Perché non si è specificato a quale esigenza nazionale rispondeva tutto il progetto o se, invece, ciò si traduceva soprattutto in un business importante?

Tondo ha ragione. Lo ha ribadito anche alla “convention” di  Manzano: “non si può volere tutto ed il contrario di tutto. L’assoluta necessità di poter disporre di energia a basso costo per le nostre imprese è un problema non più eludibile.”
Ma noi gli diciamo che, valutati attentamente tutti gli aspetti tecnici ed ambientali, è  importante decidere, e decidere presto e bene.
Spesso non occorre inventare niente ma basta guardare alle esperienze dei  Paesi in cui,  ricerca, nuove tecnologie e massimo rispetto del territorio hanno permesso di costruire una autonomia energetica rinnovabile importante.
La volontà popolare, e non solo quella, si è già espressa  chiaramente e non si deve far leva sui posti di lavoro nuovi  o sui nuovi introiti che ne beneficerebbe la città. L’esperienza insegna che sono benefici di breve periodo mentre nel lungo le ricadute saranno solo negative. Aquila Petroli insegna.

E veniamo a Gas Natural.  Quali sono gli impegni presi  con Gas Natural? Chi li ha presi senza attendere il perfezionamento dell’iter di accertamento dell’impatto ambientale? Quali contratti sono stati sottoscritti? E non parliamo più  nemmeno di diversa dislocazione, come prospetta il progetto Endesa che prevede un rigassificatore off shore, in mezzo al golfo.
Gas Natural chiede i danni: in realtà chi dovrebbe chiedere i danni è la popolazione, da tanti anni costretta ad inseguire l’insensatezza di questa politica economica.
Il progetto della società Catalana è morto nel momento in cui lo ha allestito e comunicato. Un piano presentato con approssimazione sconcertante, pieno di una sequela di vaghezze, rassicurazioni generiche ed indimostrate, sgrammaticature formali e sostanziali che ogni esperto ha rilevato da subito.
Tutte le obiezioni mosse, soprattutto in tema ambientale (il cloro, il raffreddamento delle acque, le schiume, l’impatto sull’attività marittima e portuale) non hanno mai ricevuto una risposta convincente. Anzi, la società ha reagito con un miscuglio di sufficienza ed indispettita reticenza, salvo provare a recuperare con qualche estemporanea sortita più promozionale che informativa che ha reso “la toppa peggiore del buco”. Se un domani una scuola di “business” sarà alla ricerca di un nuovo caso da manuale su come non si gestisce un progetto, ce l’abbiamo pronto: questo…..

Cosa dicono le parti interessate?

I pareri ormai sono praticamente tutti negativi. L’Autorità Portuale ha detto no per l’incremento generale dei traffici nel porto (petroliere, traghetti, navi da crociera e portacontainer); in particolare quelli petroliferi diretti all’oleodotto Siot. Inoltre le progettate realizzazioni della Piattaforma Logistica e del nuovo Terminal traghetti ro-ro creerebbero situazioni molto complicate da gestire. Parere negativo anche da Vigili del Fuoco, Comune di Trieste, Provincia di Trieste e Comuni minori,  a partire da quello di Muggia. Ovviamente pareri nettamente contrari da Wwf e Legambiente. Ma , quello che è più importante, è il fatto che il Ministro Clini, molto sensibile agli aspetti di salvaguardia del territorio,  ha fatto intendere che “non se ne farà niente.

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